19 gennaio 2016
FOGLI DI VIA DEFINITIVI DA VENEZIA E UDINE PER UN COMPAGNO
riceviamo e diffondiamo:
Udine, 15.1.16, fogli di via definitivi da Venezia e Udine per 3 anni a
un anarchico
Oggi, venerdì 15 gennaio 2016 sono stati notificati a un anarchico di Udine i fogli di via definitivi per 3 anni da Venezia (per la lotta contro il carcere di Santa Maria Maggiore, in totale una ventina di fogli) e da Udine (per contrasto a iniziative del P.D. e di R.S.I.-Movimento Sociale-Fiamma Nazionale e per corteo contro la questura e la repressione). E’ il terzo foglio di via definitivo da Udine per anarchici.
Solidarietà!
Oggi, venerdì 15 gennaio 2016 sono stati notificati a un anarchico di Udine i fogli di via definitivi per 3 anni da Venezia (per la lotta contro il carcere di Santa Maria Maggiore, in totale una ventina di fogli) e da Udine (per contrasto a iniziative del P.D. e di R.S.I.-Movimento Sociale-Fiamma Nazionale e per corteo contro la questura e la repressione). E’ il terzo foglio di via definitivo da Udine per anarchici.
Solidarietà!
MAGNANO IN RIVIERIA: INCENDIATA AUTO DI UN SECONDINO
Da AlcuniAnarchiciUdinesi
Magnano in Riviera (Ud), 22-23.12.2015, incendiata auto di un secondino
Si apprende dai media di regime che la notte tra il 22 e il 23 dicembre l’automobile privata di un sovrintendente di polizia penitenziaria in servizio nel carcere di via Spalato, a Udine, è stata data alle fiamme da ignoti a Magnano in Riviera (Ud). Non si fa attendere la solidarietà del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (S.A.P.Pe.), che parla di grave intimidazione e auspica indagini che riescano a trovare i responsabili.
Magnano in Riviera (Ud), 22-23.12.2015, incendiata auto di un secondino
Si apprende dai media di regime che la notte tra il 22 e il 23 dicembre l’automobile privata di un sovrintendente di polizia penitenziaria in servizio nel carcere di via Spalato, a Udine, è stata data alle fiamme da ignoti a Magnano in Riviera (Ud). Non si fa attendere la solidarietà del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (S.A.P.Pe.), che parla di grave intimidazione e auspica indagini che riescano a trovare i responsabili.
18 gennaio 2016
QUANDO LA GUERRA TORNA INDIETRO - MANIFESTO NAZIONALE
QUANDO LA GUERRA TORNA INDIETRO
Verrà la realtà e ci troverà addormentati.
La
strage di Parigi ha portato in Europa un orrore che è quotidiano a
Kabul, a Baghdad, a Damasco, a Gaza… Dal 1991 le truppe occidentali –
comprese quelle italiane – esportano in sempre più territori del mondo
la loro splendida civiltà del dialogo e della pace bombardando città,
case, ospedali. Le bombe della democrazia hanno provocato centinaia di
migliaia di morti e milioni di profughi. E hanno gonfiato di odio
innumerevoli cuori.
Quella violenza indiscriminata è tornata indietro, presentando il conto all’ora di cena, della partita,
del
concerto, dell’aperitivo. Mentre oltre un miliardo di persone vive
nelle baracche, fra le esplosioni, le lamiere e i cartoni; mentre noi
chiamiamo realtà quell’insieme di cavi, di bottoni, di protesi grazie
a cui ci illudiamo di vivere, la realtà è arrivata.
Se
a nessun governo interessa minimamente rimuovere le cause che hanno
prodotto i fatti di Parigi, tutti gli Stati si mobilitano per cavalcarne
gli effetti. Accelerando, sul fronte esterno, la guerra per spartirsi
risorse energetiche e zone d’influenza. Aumentando, sul fronte interno,
le misure di controllo
e di repressione. Lo scopo non è certo la sbandierata “sicurezza”, bensì la sottomissione a
quell’ingegneria economica e sociale spacciata ieri come misura
“anticrisi” e ora come misura “antiterrorismo”.
Non c’è nulla di meglio che una popolazione in preda alla paura per rafforzarne
l’obbedienza. Ed è proprio la muta disponibilità a continuare
così che fa di ciascuno di noi un potenziale obiettivo di
guerra. Non c’è bisogno di essere più malvagi di altri,
è sufficiente essere altrettanto inerti. Alla catastrofe
si giunge proprio così. Per inerzia.
Si restringono gli spazi, spuntano uniformi ovunque,
i fascisti si organizzano.
Come spezzare la spirale?
Dimostrando a tutti i Ministeri della Paura che
non intendiamo entrare nei ranghi della loro
guerra per i loro sporchi interessi e per la
loro putrida civiltà.
Sottraendoci con fierezza all’ordine di
cattura dei nostri cuori e delle nostre
menti, facendoci disertori della loro
morale ipocrita, dei loro appelli razzisti,
della loro unità nazionale.
Opponendoci alle politiche di morte
e di rapina condotte in nome nostro
dai governi e da tutta la
classe dominante.
Sabotando qui le basi, i mezzi,
gli ingranaggi della macchina bellica.
Quando cala il più pericoloso dei
coprifuochi – quello delle coscienze -,
il ritrovo per chi non vuole entrare
nei ranghi viene segnalato ancora
una volta dall’antica insegna:
Pace fra gl’oppressi!
Guerra all’oppressor!
Anarchici e antimilitaristi.
da romperelerighe
L'OCCASIONE FA..
Tratto da Machete, n. 6, settembre 2010
«Ricordati che tutti gli istanti che ci hanno incoronato tutte le
strade radiose che abbiamo aperto andranno incontro senza fine al loro
luogo ansioso al loro boccio in fiore all’orizzonte e che di questa
ricerca estenuante e precisa non avremo nessun segno se non sapere che
andrà verso dove l’uno per l’altro avremo vissuto»
Mário Cesariny
Il conto alla rovescia è partito così tante volte, che ormai tutti
diamo i numeri alla rinfusa. Il botto non ha ancora squarciato le
orecchie, ma la tensione sale, sale, sale… fino ad assumere i tratti del
regolamento di conti. Dentro e fuori il Palazzo, tutti hanno iniziato a
protestare. Protesta Re Ubu contro chi ha l’ardire di criticarlo,
protestano i suoi ratti che lo vedono affondare, protestano i suoi
rivali che non sanno più a che candidato votarsi, protestano i suoi
dipendenti (dai magistrati ai diplomatici, fino ai poliziotti) che non
hanno i mezzi per lavorare, protestano i suoi sudditi che non hanno un
lavoro per farsi sfruttare, protestano i suoi nemici che non sanno più
che cosa fare. E i pochi che rimangono zitti già sanno che presto
arriverà il loro turno di protestare.
Grande è la confusione sotto i cieli, ma non si può dire che la
situazione sia promettente. Il fuoco greco resta un arcano, mentre alla
bottega sotto casa restano disponibili solo i tarallucci italiani. Più
che criticare, si deplora. Più che pretendere, si chiede. Più che
bestemmiare, si prega. E se le “sacrosante” rivendicazioni rimangono
inascoltate, pazienza; vorrà dire che si tirerà la cinghia. E quando
finiranno i buchi, cosa accadrà?
Per adesso, la rabbia che sbotta il più delle volte divora se
stessa. Il numero dei malati e dei suicidi cresce inesorabilmente,
mentre le belle mani degli assassini (e belle sono solo quelle che non
allacciano uniformi) escono raramente dalle tasche. Come se la vita,
delusa nelle sue aspettative di sopravvivenza e senza nessun’altra
prospettiva, avesse fretta di concludersi. Ma il suicidio è una
vocazione e le patologie hanno tempi troppo lunghi. Bisogna trovare un
bersaglio, un obiettivo comune su cui scaricare tutta questa rabbia che
va accumulandosi. A indicarlo, purtroppo, non siamo noi. La voce
interiore che ci sussurra alla testa e al cuore tace, sembra essersi
esaurita, al suo posto si alza distorto il frastuono ambientale esterno.
Non è una voce umana che si interroga quella che udiamo, è un gracidio
che si limita a riportare le parole dei media. Quei media che ci
“informano” a domicilio, 24 ore su 24, quale sia il politico da votare,
il fatto di cui chiacchierare, l’opinione da esprimere, lo slogan da
ripetere, il desiderio da realizzare, la canzone da canticchiare, la
merce da acquistare, il programma da guardare, il problema da risolvere,
il libro da leggere, la tragedia da compiangere, l’abito da indossare,
il successo da festeggiare, il personaggio da ammirare… Ebbene, possiamo
star certi che ci indicheranno anche il nemico da odiare e da
ammazzare. Lo stanno già facendo. Quando gli schermi televisivi si
spegneranno, in fiamme andranno più le baracche dei poveri che le ville e
i palazzi dei ricchi.
Nel frattempo, dentro il nostro piccolo angolo di movimento, tutto
procede come sempre. Noi, “chiusi nella nostra torre d’avorio”, perdiamo
il nostro tempo correndo dietro a sogni sempre più irrealizzabili
(«Consiglio alle idee elevate di munirsi di paracadute», diceva un
brillante quanto putrido burlone). Altri, immersi nella loro pozzanghera
di merda, spendono il loro rincorrendo una realtà sempre più
miserabile (forse bisognerebbe anche avvisare le idee basse che
l’ascensore è fuori servizio). Questione di priorità, insomma.
Può darsi che finiremo tutti inghiottiti dall’abisso che incombe,
sotto forma di implacabile dittatura a base di psicofarmaci e sbarre
oppure di spietata guerra civile con corollario di linciaggi e stupri.
Annaspando nel vuoto, riusciremo ad imparare a volare? Impossibile
prevederlo. Di certo sarà una occasione, una terribile occasione che ci
riporta alla mente quanto scriveva un anarchico pochi giorni dopo la
fine della “settimana rossa”, quasi un secolo fa: «Abbiamo visto che gli
avvenimenti impreveduti danno quel che possono dare, ma che per
riuscire bisogna prepararsi metodicamente secondo piani preordinati. Ed
abbiamo visto ancora che le occasioni possono capitare quando uno meno
se lo aspetta, e che perciò bisogna star sempre pronti».
Al di là del fatto che l’irruzione dell’imprevisto manda sempre a
monte tutti i «piani preordinati», la cui elaborazione assomiglia più ad
un esorcismo che ad un progetto, e che la consapevolezza di quanto è
accaduto nel passato non ha mai impedito il ripetersi degli stessi
errori nel presente (come dimostra la fine delle occupazioni delle
fabbriche nel 1920, decretata dagli stessi burocrati sindacali che
dichiararono terminati gli scioperi dell’estate del 1914; burocrati in
cui troppi anarchici avevano riposto per l’ennesima volta la loro
fiducia), resta immutato il senso generale di questa antica riflessione.
Qualsiasi sconvolgimento, spezzando il flusso della normalità, apre
mille occasioni. Sta a noi saperle cogliere, riuscendo a beffare,
anche, il tempo.
CONTRO DELATORI E INFAMI
Contro delatori e infami
Giovedì scorso ci sono state le richieste di condanne per il primo il processo (rito abbreviato) per devastazione e saccheggio riguardante i fatti del 24 Gennaio.
Per Tide e Matteo sono stati richiesti 5 anni, per Mauro 4 anni e 8 mesi.
Chiesti 5 anni anche per il delatore Sbob. In questo caso l’arringa difensiva del suo avvocato ha anche citato il fatto della collaborazione alle indagini da parte del suo assistito, indicando al GIP un ragazzo che avrebbe fatto parte attiva nella rivolta del 24 gennaio.
Giovedì 21 gennaio sarà emessa sentenza di primo grado.
Ribadiamo la solidarietà a Matteo, Mauro e Tide e qui sotto trovate un breve scritto sulla delazione e l’infamia.
CONTRO DELATORI E INFAMI
“Il T. (Kuljit, arrestato per devastazione e saccheggio il 20 ottobre 2015) viene riconosciuto da B.A. (Sbob, arrestato per devastazione e saccheggio il 30 marzo 2015) nell’album di fotografie (…). Il B.A. affermava che il T. indossava nel corso della manifestazione lo stesso giubbotto multicolore rappresentato nelle fotografie, dicendo che il soggetto con me è T., era vestito così durante la manifestazione. Era con me quando ha raccolto il cartello e poi non l’ho più visto (…). Si deve osservare come il riconoscimento effettuato da B.A. sia inserito nel contesto delle dichiarazioni ammissive dei fatti a lui contestati, che tali dichiarazioni risultano nel complesso coerenti tra loro e con i fatti rappresentati nelle immagini in atti, nonché con quanto descritto dallo stesso B.A. nel corso del precedente interrogatorio reso davanti al GIP in data 4 giugno 2015 (Sbob è uscito dal carcere di Cremona per andare agli arresti domiciliari il 6 giugno 2015).”
Dagli atti degli arresti del 20 ottobre 2015, riguardo i fatti della rivolta del 24 gennaio a Cremona, fra parentesi situazione degli arrestati interessati.
Rendiamo pubblici questi stralci che riguardano uno degli arrestati per la manifestazione antifascista in solidarietà con Emilio del 24 gennaio per rendere noto una banalità di base: per noi i delatori e gli infami, collaborando con l’autorità e facendo arrestare un altro ragazzo, sono nemici come la polizia, i fascisti e chi comanda questo mondo.
C’è un proverbio che recita: “un bel tacer non fu mai scritto”. Semplificando lo possiamo tradurre così: quando non hai niente di intelligente da dire, è meglio se stai zitto e che, in questo caso specifico, con la polizia e i suoi organi repressivi non si parla mai.
Questi fatti, oltretutto, rendono più difficile il percorso di lotta e di solidarietà riguardante la repressione dopo la rivolta e la solidarietà espressa ad Emilio il 24 gennaio.
Rilanciamo la solidarietà a tutti gli altri arrestati e denunciati per la manifestazione del 24 gennaio e per gli antifascisti colpiti dalla repressione per i fatti del 18 gennaio quando Emilio cadde a terra, finendo in coma, per mano dei fascisti di Casa Pound, anche se alcune dichiarazioni come chiedere scusa o risarcire i danni sono lontani dal nostro modo di pensare e affrontare la repressione.
Chi devasta i territori e saccheggia le vite è l’esistente in tutte le sue forme.
Semplice, conciso e, per noi, eticamente corretto.
alcune/i anarchiche e anarchici di Cremona
Giovedì scorso ci sono state le richieste di condanne per il primo il processo (rito abbreviato) per devastazione e saccheggio riguardante i fatti del 24 Gennaio.
Per Tide e Matteo sono stati richiesti 5 anni, per Mauro 4 anni e 8 mesi.
Chiesti 5 anni anche per il delatore Sbob. In questo caso l’arringa difensiva del suo avvocato ha anche citato il fatto della collaborazione alle indagini da parte del suo assistito, indicando al GIP un ragazzo che avrebbe fatto parte attiva nella rivolta del 24 gennaio.
Giovedì 21 gennaio sarà emessa sentenza di primo grado.
Ribadiamo la solidarietà a Matteo, Mauro e Tide e qui sotto trovate un breve scritto sulla delazione e l’infamia.
CONTRO DELATORI E INFAMI
“Il T. (Kuljit, arrestato per devastazione e saccheggio il 20 ottobre 2015) viene riconosciuto da B.A. (Sbob, arrestato per devastazione e saccheggio il 30 marzo 2015) nell’album di fotografie (…). Il B.A. affermava che il T. indossava nel corso della manifestazione lo stesso giubbotto multicolore rappresentato nelle fotografie, dicendo che il soggetto con me è T., era vestito così durante la manifestazione. Era con me quando ha raccolto il cartello e poi non l’ho più visto (…). Si deve osservare come il riconoscimento effettuato da B.A. sia inserito nel contesto delle dichiarazioni ammissive dei fatti a lui contestati, che tali dichiarazioni risultano nel complesso coerenti tra loro e con i fatti rappresentati nelle immagini in atti, nonché con quanto descritto dallo stesso B.A. nel corso del precedente interrogatorio reso davanti al GIP in data 4 giugno 2015 (Sbob è uscito dal carcere di Cremona per andare agli arresti domiciliari il 6 giugno 2015).”
Dagli atti degli arresti del 20 ottobre 2015, riguardo i fatti della rivolta del 24 gennaio a Cremona, fra parentesi situazione degli arrestati interessati.
Rendiamo pubblici questi stralci che riguardano uno degli arrestati per la manifestazione antifascista in solidarietà con Emilio del 24 gennaio per rendere noto una banalità di base: per noi i delatori e gli infami, collaborando con l’autorità e facendo arrestare un altro ragazzo, sono nemici come la polizia, i fascisti e chi comanda questo mondo.
C’è un proverbio che recita: “un bel tacer non fu mai scritto”. Semplificando lo possiamo tradurre così: quando non hai niente di intelligente da dire, è meglio se stai zitto e che, in questo caso specifico, con la polizia e i suoi organi repressivi non si parla mai.
Questi fatti, oltretutto, rendono più difficile il percorso di lotta e di solidarietà riguardante la repressione dopo la rivolta e la solidarietà espressa ad Emilio il 24 gennaio.
Rilanciamo la solidarietà a tutti gli altri arrestati e denunciati per la manifestazione del 24 gennaio e per gli antifascisti colpiti dalla repressione per i fatti del 18 gennaio quando Emilio cadde a terra, finendo in coma, per mano dei fascisti di Casa Pound, anche se alcune dichiarazioni come chiedere scusa o risarcire i danni sono lontani dal nostro modo di pensare e affrontare la repressione.
Chi devasta i territori e saccheggia le vite è l’esistente in tutte le sue forme.
Semplice, conciso e, per noi, eticamente corretto.
alcune/i anarchiche e anarchici di Cremona
BLOCCO DI MEZZI MILITARI A SANT'ANTIOCO (SARDEGNA)
riceviamo e diffondiamo:
La mattina del 13 gennaio convogli di mezzi militari venivano spostati dal poligono di Capo Teulada verso il porto di Sant'Antioco per essere caricati sulla nave gialla Maior.
Alcune persone hanno teso un cordino d'acciaio su cui era appeso lo striscione "via i militari" in località Is Pabis. Il traffico è rimasto bloccato per qualche tempo, e con le macchine anche il camion della ditta Fratelli Rubino che trasportava un container militare.
Blocchiamo i convogli, inceppiamo la macchina bellica!
Fonte
TRASFERIMENTO E SCIOPERO DELLA FAME DI GABRIEL E JUANKAR
riceviamo e diffondiamo:
Dopo 18 mesi trascorsi nel carcere di Topas, dove veniva spostato continuamente da un modulo all'altro, il compagno Gabriel Pombo Da Silva è stato nuovamente trasferito, questa volta nel carcere di Dueñas (Palencia). Il traferimento è avvenuto la notte tra il 12 e il 13 gennaio, non sappiamo esattamente per quale motivo, ma di certo si inserisce all'interno della miserevole e ben nota strategia penitenziaria portata avanti contro Gabriel - come contro i vari prigionieri che non accettano i trucchi sporchi della burocrazia penitenziaria – da quando è stato estradato dalla Germania e portato nelle prigioni spagnole, e che consiste, fra le altre cose, nel tentativo di tagliare tutti i suoi legami con chi sta dentro e fuori le mura del carcere, nell'applicazione del regime Fies e nel controllo di tutte le sue comunicazioni e corrispondenze, nei continui traferimenti appena si instaurano legami di sostegno reciproco e solidarietà.
Adesso Gabriel si trova nel modulo di ingresso, avviseremo appena avremo maggiori notizie. È possibile comunque scrivergli a questo indirizzo:
Gabriel Pombo Da Silva
Centro Penitenciario La Moraleja, Dueñas (Palencia)
Ctra. Local P-120
34210 Dueñas (Palencia)
Gabriel Pombo da Silva, prigioniero anarchico in regime speciale di controllo e castigo FIES 5, e recentemente trasferito per l'ennesima volta, questa volta dal carcere di Topas a Salamanca a quello di Dueñas a Palencia, ha iniziato uno sciopero della fame richiedendo che gli venga assegnata una cella singola dato che lo hanno messo in una condivisa con un altro prigioniero col quale non vuole convivere. Juankar Santana Martín, che è nello stesso carcere, ha espresso la propria intenzione di assecondare il compagno, mettendosi anche lui in sciopero della fame a partire da domenica, se non si risolve prima la situazione.
"...secondo me lo sciopero della fame è uno strumento di lotta strategico..." Gabriel Pombo, 2009, Aachen
Gabriel Pombo Da Silva, compagno anarchico prigioniero, ha iniziato uno sciopero della fame per rivendicare una cella singola, visto che glien'è stata assegnata una da condividere forzatamente con un altro prigioniero. Alle autorità e ai signori del castigo non basta tenerlo rinchiuso già da più di 30 anni in un regime speciale di controllo e sorveglianza, né trasferirlo continuamente di sezione e di carcere, né censurare la sua corrispondenza e i suoi colloqui, con l'intenzione di abbattere le relazioni di solidarietà e compagnerismo che ci sono dentro e fuori le mura... A tutto questo groviglio di castighi si aggiunge ora quello di impedirgli un minimo spazio personale di intimità, una cella individuale -cosa che d'altra parte è prevista dalla loro stessa legge penitenziaria come un "diritto" delle persone prigioniere (art. 19.1. LOGP)-. E non è la prima volta che Gabriel si è visto obbligato a rivendicare una cella singola, pagando come rappresaglia settimane di isolamento.
Tutto ciò succede pochi giorni dopo il suo ultimo e arbitrario trasferimento del 13 gennaio, all'arrivo al carcere di Dueñas (Palencia), dopo aver trascorso 18 mesi in quello di Topas (Salamanca). Juankar Santana Martín, prigioniero nello stesso carcere di Dueñas e in solidarietà con il suo compagno, ha comunicato la sua intenzione di mettersi anche lui in sciopero della fame oggi, domenica 17 gennaio, se non si risolve prima questa situazione.
Utilizzare un mezzo di questo calibro, lo sciopero della fame, rappresenta una ferrea volontà di opporsi frontalmente alle tecniche penitenziarie che cercano di piegare e annullare la dignità della persona. Nel caso di Gabriel, si tratta di una forma di azione diretta, senza concessioni, con i mezzi che ha a disposizione in queste sue condizioni di reclusione e controllo: il suo corpo, la sua testa e il suo cuore, quello che mai potranno sottomettere. In quanto a Juankar, la solidarietà, l'empatia e la complicità umana, si esprimono di per sé con il suo impegno e la sua volontà di appoggiare un compagno.
Per quanto ci riguarda, questa nuova provocazione da parte dei capetti penitenziari risponde alla strategia punitiva e alla vendetta di Stato contro tutti quegli individui che non riescono ad azzittire, isolare e annullare. Per tutto questo pretendiamo che la direzione del centro di sterminio di Dueñas smetta di mettere in pericolo la salute dei nostri compagni, provocando situazioni ben lontante dai presunti obiettivi di riabilitazione che dice di avere la Santa Istituzione Penitenziaria, e che al più rappresentano un tentativo di spezzare e portare al limite coloro che sono in lotta. Non ci riusciranno! Anche da qui fuori ci solidarizziamo con i nostri compagni!
Tutto il nostro coraggio e il nostro affetto per Gabriel e Juankar!
Che ognunx, col cuore e con l'immaginazione, esprima la propria solidarietà diretta e pratica! Sempre con forza, ribellione e sempre avanti!
Fino a che non esca l'ultima persona prigioniera!
Abbasso ogni muro!
Amicx e compagnx di Gabriel e Juankar
Fonte
L'ACCOGLIENZA E LE ACCOGLIENZE: UNA RIFLESSIONE SULLA GESTIONE DEGLI IMMIGRATI
riceviamo e diffondiamo:
Le parole che seguono vogliono essere un tentativo, pur sempre limitato e superficiale, di chiarimento rispetto al grande mondo dell’Accoglienza in Italia. Quando parliamo di accoglienza ci riferiamo a tutto quell’ambiente che si occupa della ricezione, gestione, collocazione e inserimento di una fetta del flusso migratorio, cioè di una percentuale molto piccola, su un totale di individui che si trovano nel limbo della regolarità provvisoria, in quanto in attesa della risposta delle Commissioni Territoriali o perché godono di una qualche protezione temporanea. Parliamo, quindi, più in generale, della cosiddetta “Accoglienza secondaria”, promossa dalle istituzioni, gestita da cooperative, enti e associazioni e per ultimo, parodiata da alcuni ambienti militanti.
L’Accoglienza e le accoglienze: una riflessione sulla gestione degli immigrati [421 Kb - pdf]
Da informa-azione.info
Le parole che seguono vogliono essere un tentativo, pur sempre limitato e superficiale, di chiarimento rispetto al grande mondo dell’Accoglienza in Italia. Quando parliamo di accoglienza ci riferiamo a tutto quell’ambiente che si occupa della ricezione, gestione, collocazione e inserimento di una fetta del flusso migratorio, cioè di una percentuale molto piccola, su un totale di individui che si trovano nel limbo della regolarità provvisoria, in quanto in attesa della risposta delle Commissioni Territoriali o perché godono di una qualche protezione temporanea. Parliamo, quindi, più in generale, della cosiddetta “Accoglienza secondaria”, promossa dalle istituzioni, gestita da cooperative, enti e associazioni e per ultimo, parodiata da alcuni ambienti militanti.
L’Accoglienza e le accoglienze: una riflessione sulla gestione degli immigrati [421 Kb - pdf]
Da informa-azione.info
BREVE RESOCONTO UDIENZA CONTRO TOMMI PIPPO E ANDREA
riceviamo e pubblichiamo un brevissimo resoconto dell' udienza del 15 gennaio al tribunale di Parma nel processo contro Tommi, Pippo ed Andrea:
-Sono
stati ascoltati come test il perito della difesa ed il perito del
giudice ( del RIS ) riguardo analisi chimiche dei reperti sequestrati.
-I
legali della difesa hanno evidenziato "vizi di forma" nell'arco del
procedimento penale e questioni di "legittimità costituzionale" riguardo
i capi d'accusa.
-La discussione del processo è stata rinviata il giorno venerdì 29 gennaio dalle ore 9.00
-Il giorno 29 gennaio verrà pronunciata sentenza.
-Rimangono invariate le misure cautelari e le restrizioni.
A presto, con altre informazioni.
17 gennaio 2016
(TO) IMBRATTATE SEDI DELLE POSTE ITALIANE PER IL COINVOLGIMENTO NELLA DEPORTAZIONE DEI MIGRANTI
riceviamo e diffondiamo:
15 gennaio. Nella notte alle filiali postali di via Susa, via Porpora, via Saluzzo e via Petrarca, i postamat vengono messi fuori uso. Le facciate degli uffici vengono inoltre vergate con scritte in vernice: alcune in solidarietà con chi lotta contro i Cie, altre contro la Mistral Air, compagnia aerea del Gruppo Poste Italiane che effettua le espulsioni dei senza-documenti.
15 gennaio. Nella notte alle filiali postali di via Susa, via Porpora, via Saluzzo e via Petrarca, i postamat vengono messi fuori uso. Le facciate degli uffici vengono inoltre vergate con scritte in vernice: alcune in solidarietà con chi lotta contro i Cie, altre contro la Mistral Air, compagnia aerea del Gruppo Poste Italiane che effettua le espulsioni dei senza-documenti.
TRENTO: RESONCONTO E SPUNTI DALL'INIZIATIVA "VOCI OLTRE LE MURA" CON I COMPAGNI GRECI PRIGIONIERI
riceviamo e diffondiamo:
Resoconto e spunti a partire dal dibattito del 13 dicembre a Trento con i compagni greci
Quando l'orizzonte delle lotte è stretto e il dibattito collettivo ristagna, è talvolta utile salire un po' più in alto. Questo può avvenire, ad esempio, cercando slancio in alcuni episodi rivoluzionari del passato oppure confrontandosi con dei compagni che stanno vivendo un diverso livello di scontro sociale.
L'incontro a Nave Assillo con dei compagni greci e il collegamento telefonico con due anarchici rinchiusi nel carcere di Koridallos sono stati per noi una preziosa occasione per allargare la visuale.
Nell'attesa di far circolare materiali più completi - la sbobinatura degli interventi e varie riflessioni - ci sembra utile anticipare un breve racconto della giornata e alcune considerazioni.
Rovesciando le regole abituali, sono stati i due compagni detenuti a introdurre la discussione, raccontando in collegamento telefonico l'esperienza dello sciopero della fame e della lotta contro le carceri speciali (e non solo) e poi suggerendo alcuni problemi da approfondire.
Quello che ci ha colpito, ancora prima dei contenuti, è stato il tono dei loro interventi, caratterizzato dalla modestia e dallo spirito di concordia.
La lotta di un pugno di detenuti sostenuta da un'assemblea di compagni ha portato all'abolizione delle carceri speciali, al ridimensionamento della legge contro il "travisamento" durante i cortei e a quella sul DNA (di cui in Grecia non è previsto il prelievo coatto). Non proprio bruscolini. Eppure i due compagni non hanno mancato di sottolinearne i limiti, per passare subito dopo a ragionamenti a carattere più generale.
Partendo dal ciclo di lotta che hanno vissuto in Grecia fra il 2008 e il 2012 (e che li ha portati entrambi in carcere: uno dei due, oggi ventiduenne, per la rapina di Velvontos-Kozani), hanno parlato con molta serenità di "sconfitta" per il movimento anarchico. Nonostante anni di scontri, sommosse, espropri, attacchi contro uomini e cose dello Stato e del capitale, il giovane movimento greco non ha saputo operare il necessario salto rivoluzionario. Da qui la lezione: riflettere su quell'esperienza nell'intento di farsi trovare maggiormente pronti in futuro.
Se i compagni hanno sottolineato a più riprese la necessità di intrecciare l'insieme delle pratiche di lotta (dal volantino all'occupazione alla guerriglia urbana) hanno individuato nel rapporto fra autorganizzazione e insurrezione il nesso di fondo a partire dal quale affinare analisi e capacità materiali. Chi ha vissuto gli ultimi anni nell'urgenza della rivolta (pagando di persona) consigliava allo stesso tempo un "lavoro da formichine" per permeare i contesti in cui si interviene di esempi di autorganizzazione (occupazione di case, espropri di merce, autogestione di ambulatori e ambiti produttivi...), un'autorganizzazione che si sviluppa in un rapporto di implicazione reciproca con il processo insurrezionale.
Se convenivano che sono state sciupate alcune occasioni preziose (ad esempio la fase dal referendum alla "rinegoziazione" del memorandum della Troika, esempio plateale di come sia impossibile fermare l'aggressione del capitale internazionale con le politiche di qualsiasi governo), i compagni dicevano allo stesso tempo che l'orologio dei movimenti rivoluzionari e quello della società spesso non coincidono: se il movimento è oggi in difficoltà, la ripresa del conflitto sociale potrà di nuovo unire compagni e pratiche. Intanto, un'intera generazione cresciuta nella rivolta non aspetta niente e nessuno per continuare ad attaccare.
Dopo un'ora e mezzo di collegamento telefonico con Koridallos (che strano effetto parlare in assemblea di espropri e rivoluzione con dei compagni detenuti!), il dibattito è continuato a lungo con i due compagni greci presenti, i quali hanno fornito elementi molto utili per capire il contesto greco e per ragionare su come sviluppare contatti internazionali e su come organizzarsi. Cinque ore di discussione. Un confronto serio e sereno. Tanti spunti, nessuna ricetta valida per tutti.
compagne e compagni di Nave Assillo occupata
BENEFIT PER LE/I PRIGIONIER*: SOLIDALI CON ALCUN*, OPPRESSORI CON ALTR*
riceviamo e diffondiamo:
Benefit per le/i prigionier*: solidali con alcun*, oppressori con altr*
...le
ossa, il grasso, i muscoli e i tessuti di esseri che un tempo sono
stati vivi e che sono stati massacrati per assicurarsi parti dei loro
corpi. Questa scena vi travolge e, di colpo, scoppiate a piangere. Il
dolore, la tristezza, lo shock vi sopraffanno, magari anche soltanto per
pochi istanti. E, per un attimo, siete in lutto, siete in lutto per
tutti gli animali senza nome che stanno di fronte a voi.
James Stanescu, Questione di specie
La
catena alimentare, la legge della natura, l'oppressione del più forte
verso il più debole, la disuguaglianza, il dominio: il nostro è un mondo
basato sulla prevaricazione che noi non accettiamo.
C'è
chi dona la propria vita per un mondo liberato: tant* sono le/i
compagn* che ci hanno lasciato e che ci lasceranno, uccis* o schiacciat*
da una realtà che ci opprime ogni giorno. Tant* altr*, sacrificando la
propria vita, finiscono in carcere: in gabbia. Dedichiamo la nostra
esistenza a combattere le ingiustizie messe in atto dai più forti e
spesso ci sentiamo impotenti di fronte a tanta violenza. Mentre siamo
impegnati nelle nostre lotte, dobbiamo fare i conti anche con la
repressione, facendo sentire meno soli le/i prigionier* con lettere,
presidi sotto le carceri, iniziative e benefit per pagare le spese
legali. Spesso, però, in questi benefit si serve carne, probabilmente
perché ci si dimentica, o forse, più superficialmente, non si pensa che
il contenuto di questo o quel piatto prima era un animale, un essere
vivo e senziente come noi e come noi pieno di aspettative di vita,
pensieri, felicità, tristezze e desideri. Istinto di libertà.
Come si può lottare per la libertà sfruttando la schiavitù di altri esseri che, come noi, desiderano solo essere liberi?
Finiamo
in carcere perché non vogliamo un mondo di oppressione, senza renderci
conto che, spesso, siamo noi gli oppressori. Accettare questo dato di
fatto è il primo passo verso una consapevolezza generale che può
permettere di realizzare un cambiamento, il
cambiamento: quello verso la liberazione totale. La società in cui
viviamo rende impossibile una vera coerenza, ma ciò non può e non deve
sminuire i piccoli e i grandi passi che facciamo, possiamo e dobbiamo fare, se davvero vogliamo che la liberazione totale non sia un semplice slogan, ma diventi una realtà.
I nostri spazi, liberati dal mondo e dalla società capitalistica, fino a che punto sono veramente liberi?
La
lotta non è, e non deve essere, rivolta solo contro l'esterno. Deve
essere rivolta anche al nostro interno, contro le pratiche di abuso e di
potere che spesso, più o meno inconsciamente, reiteriamo a nostra volta
nei confronti di noi stess*, delle/dei compagn* e negli spazi liberati.
Quella contro noi stess*, contro le strutture di dominio che ci sono
state inculcate dalla cultura e dalla società, è forse la lotta più
difficile da combattere. Ci impegniamo con tutte le forze per cambiare
modo di vivere, per adottare un linguaggio, per intrecciare relazioni
dove non ci sia posto per idee razziste e fasciste, machiste e
maschiliste, omofobe e capitaliste. Siamo empatici con i deboli e con
chi viene sopraffatto, perché apparteniamo tutti a una grande categoria:
quella delle/degli oppress*, delle/degli sfruttat*.
Il
rifiuto di collocarsi e collocare altr* in una scala gerarchica non può
essere la scelta individuale di un singolo. Se così fosse, ne
conseguirebbe che potremmo accettare e perfino rispettare ogni tipo di
comportamento fascista. È una scelta che coinvolge necessariamente
le/gli altr*, una scelta politica. Decidere di non cucinare e mangiare cibo ottenuto dallo sfruttamento e dalla morte degli animali è prima di tutto, infatti, una scelta politica,
un'azione diretta e concreta contro ogni dominio. In quei piatti ci
sono violenza e sfruttamento, la stessa violenza e lo stesso
sfruttamento che ci consumano ogni giorno, sottraendoci tempo, vita e
salute, trasformandoci in prodotti selezionabili nei banchi di quel
supermercato chiamato capitalismo.
Rifiutarsi di consumare qualsiasi prodotto
derivato dalla schiavitù e dalla prigionia di altri individui, umani e
non umani, è l'unico modo per sottrarsi alla struttura oppressiva di
ogni gerarchia, per eliminare definitivamente ogni forma di sfruttamento
e di dominio dalle nostre pratiche politiche. Distruggiamo tutte le
prigioni, non solo quelle degli animali umani.
Perché fino a quando esisteranno gabbie e sbarre, nessun* potrà mai essere liber*.
Alcune individualità antispeciste - azione-antispecista@krutt.org
16 gennaio 2016
"NON MI PENTO DI NIENTE.." DICHIARAZIONE POLITICA DI CHRISTOS TSAKALOS
riceviamo e diffondiamo:
Giovedì del 5 novembre mi è stato chiesto di chiedere scusa alla
prima corte per il processo condotto negli ultimi 2 anni e mezzo contro
la Cospirazione delle Cellule di Fuoco.
È il processo per i 250 attacchi dell’organizzazione.
In un’aula di tribunale all’interno del carcere, piena di giudici, telecamere, poliziotti, agenti segreti, pochi parenti e ancore meno amici e compagni, giudicavano le azioni della Cospirazione delle Cellule di Fuoco.
Ma come potevano stare in pochi metri quadrati le nostre azioni che avevano cercato di sfidare la storia saggia e obbediente del nostro tempo…
Un’azione che aveva interrotto il sonno eterno delle tranquille “pacifiche” persone per molte notti, agitato attraverso le esplosioni dei silenzi schiavi delle metropoli e con i nostri proclami ha negato i ruoli di una vita dove la violenza dei padroni è sempre presente e noi siamo costantemente assenti…
Attraverso I nostri attacchi volevamo distruggere la tirannia di una realtà brutale. Volevamo capovolgere l’equilibrio del terrore di una meccanica vita di routine. Abbiamo cercato di distruggere il compromesso con la morte causata dalla schiavitù del salario, il controllo tecnologico, le relazioni vuote e noiose.
Volevamo fare la guerra contro la ”pace” delle banche, dei giudici, dei ricchi, degli sbirri, dei fascisti, dei giornalisti, dei politici, ma anche con i “pacifici” cittadini che invece di urlare, e di essere arrabbiati, sono nascosti nella rassegnazione e invecchiano con i loro mobili…Questi cittadini “pacifici” e rispettosi della legge sono i più responsabili di tutti, perché attraverso la loro “tranquillità” permettono che la bruttura governi le nostre vite.
Di chi la giustizia giudicherà giustamente allora? Dopo essere passato attraverso tutte le tappe cerimoniali della giustizia, procuratore- avvocato-custodia, nuove persecuzioni, nuovi rinvii a giudizio, custodia dei parenti, testimoni, ora mi chiedono di scusarmi…
Non gli darò questa soddisfazione. Non una singola parola al nemico. Mi rifiuto di impersonare il ruolo dell’accusato. Posso essere stato ammanettato, i miei anni richiusi e il filo spinato fino al cielo, controllato dalle telecamere, ma il mio desiderio di portare avanti la lotta armata brucia dentro me come il ferro incandescente…
L’unico modo per biasimare me stesso sarebbe quello di rimanere inattivo, ubbidiente, disciplinato come uno schiavo domestico che gode di una libertà menomata. Rifiuto, dunque, di scusarmi con la teologia della vostra giustizia che non tollera la blasfemia di una vita libera. Né ho intenzione di partecipare a un dialogo velato tra sordi pretesti rispondendo a alcuna domanda dei giudici…
Ciò che scrivo qui non è per uso giudiziario.
È per I compagni, per gli anarchici, per gli amici, per gli irresponsabili, i piantagrane, per la memoria della lotta.
Sono accusato, insieme agli altri membri della Cospirazione delle Cellule di Fuco e altri anarchici, nel caso dei “250 attacchi incendiari ed esplosivi” contro il parlamento, uffici di partiti [politici], case di ministri e pubblici ministeri, banche, organizzazioni giornalistiche, strutture carcerarie, multinazionali, edifici militari, chiese, stazioni di polizia, tribunali, servizi di sicurezza, sistemi di telecamere e sicurezza, gli uffici della Golden Dawn [partito neonazista], concessionarie di auto di lusso, agenzie governative, veicoli diplomatici ecc..
Fin dal primo momento del mio arresto mi sono rivendicato e sono onorato di far parte della Cospirazione delle Cellule di Fuoco.
Rivendicarsi significa non deporre le armi.
Rivendicarsi significa” Io non mi pento di nulla”
Rivendicarsi significa che la paura non ha vinto
Rivendicarsi significa che la battaglia continua
La rivendicazione è una promessa che la guerriglia imprigionata tornerà sulla “scena del crimine”, che lui o lei marceranno ancora sui sentieri della libertà illegale.
Allo stesso tempo è un segnale di complicità ai nuovi compagni per portare avanti quello che la repressione ha fermato. Perché ci saranno sempre mani che rialzeranno la pistola caduta al prigioniero, ci saranno sempre menti libere e cuori generosi per continuare a scrivere la storia del mondo dall’interno verso l’esterno.
Questo rifiuto di arrendersi e le sue prospettive, spaventare i tiranni e i proprietari della paura.
Dopo così tanti arresti, interrogatori, anni di prigione, nuove accuse, condanne pesanti, non sono riusciti a suscitare in me un solo briciolo di rimorso. È questo è il motivo per cui alimentano nuove bugie e ricatti subdoli.
In seguito alla divulgazione del piano di fuga della Cospirazione delle Cellule di Fuoco hanno tirato fuori una nuova versione della caccia alle streghe, arrestato madri, mogli e fratelli, hanno istituito nuovi luoghi di esilio designato ad una quarantena di un kilometro quadrato di “libertà”, hanno impedito ogni tipo di comunicazione a mio fratello e alla sua compagna e volevano alzare le mura dell’isolamento toltale.
Allo stesso tempo hanno reso più fitta la nebbia della repressione, mandando un chiaro messaggio ai nostri compagni affini:” chiunque comunichi con i prigionieri della Cospirazione delle Cellule di Fuoco, si potrebbe ritrovare nella cella vicina “.
Sbirri e giudici erano ansiosi di guadagnare un trofeo con la sporca guerra che avevano scatenato, una strategia volta a piegare, un’esitazione, una minima traccia di cessate il fuoco…invano
Per quanto mi abbiano fatto sanguinare dentro, alla fine la mia volontà si è armata ancora di più.
Non voglio parlare delle irregolarità giuridiche, dei contratti politici di convenienza, dei metodi di polizia e della mancanza di prove.
Ve lo concedo giudici, la civiltà giuridica ed il prezzo di migliaia di voci che risuonano in prigione per le migliaia di anni di cui sono stati privati nelle tombe di cemento dove voi li avete condannati a vivere come morti-viventi…
Inoltre come stipate files nelle vostre cassettiere, cosi stipate vite umane nelle celle delle prigioni con la compostezza di un ragioniere che deposita i suoi conti. I vostri abiti e le vostre giacche grondano sangue e l’ipocrisia della vostra giustizia non lo può lavare via.
Mi incolpate per i 250 attacchi contro l’Impero che servite, ma per me le vostre accuse sono medaglie d’onore.
Naturalmente , non ho nessuna intenzione di dirvi dove ero e quale fosse la mia parte, come non intendo dare nessuna prova dell’azione della guerriglia della Cospirazione delle Cellule di Fuoco al nemico.
Se volete, tuttavia potete considerare che ero in tutti gli attacchi della Cospirazione, come farei in qualsiasi attacco che sfida la tirannia di questo mondo: gli scontri e le barricate in Chile, nelle manifestazioni e gli scontri di strada in Messico, tra gli incendi di Bruxelles, in mezzo agli antifascisti in Germania, accanto ai compagni della Federazione Anarchica Informale in Italia, fra i riots in Inghilterra, durante la liberazione dei territori in Rojava, ai moti in Cisgiordania, nelle notti buie che avvolgono i cospiratori anarchici dell’azione…in ogni luogo dove ci sono esseri umani che non si inginocchiano, che non sopportano le disuguaglianze, dove i vivi osano…
Il fatto che la storia la scrivano i vincitori in ville lussuose, uffici di corporazioni, parlamenti, i mezzi d’informazione, le corti, commissariati di polizia, ciò non significa che la nostra storia non esista. La storia della lotta, delle ribellioni, delle rivoluzioni, delle rivolte, della sfida, della solidarietà, degli attacchi della guerriglia, questa è “ dei pochi pazzi felici” che disprezzavano il loro tempo e hanno marciato contro di essa per il suo rovesciamento.
L’azione della Cospirazione delle Cellule di Fuoco essendo sotto processo oggi, è un’istantanea di questa storia. Piccola come una goccia di storia, ma con le sue angolazioni intense e taglienti…Angoli che continueranno a lasciare profondi graffi in questo mondo di autorità, perché la Cospirazione sarà nuovamente riorganizzata, recuperando le sue esperienze, vittorie e sconfitte, in una lotta senza fine.
E se in questo momento, sono in carcere, ciò non significa che la lotta non vale la pena o che sta portando da nessuna parte …
E se oggi il regno del disfattismo e della rassegnazione sta governando il cuore della gente. E se molti vengono puntando il loro dito con aria di rimprovero dicendo:” e dunque cosa si è ottenuto con le armi e con le bombe? “, non è necessario rispondere.
L’esistenza di un mondo che bombarda con la morte dal cielo, costruisce muri con filo spinato per ostacolare dei perseguitati, obbliga bambini a cercare cibo nella spazzatura, porta alla morte ogni giorno milioni di persone a causa dello strangolamento della crisi finanziaria, scambia la vita con delle immagini su schermi freddi, stupra e saccheggia la natura. È il miglior argomento per cui la guerriglia anarchica è l’unica espressione di vita che sceglierei mille volte ancora e ancora.
Concludendo, mi domando cosa faccia più infuriare : le vostre miserabili leggi o la miseria delle persone che le accettano e obbediscono.
L’unica cosa sicura è che questo mondo e I suoi falsi idoli sono stati costruiti con la violenza e solo con la violenza possono essere abbattuti.
Per questo motive contro la tirannia della realtà che avete imposto alla gente i scelgo per sempre il magico realismo dell’anarchia e sella rivoluzione senza fine.
Ora, giudici mi potete condannare.
Non mi pento di nulla.
Christos Tsakalos
COSPIRAZIONE DELLE CELLULE DI FUOCO – FAI-IRF
Basement Annex
Prigione di Korydallos
04/11/2015…
È il processo per i 250 attacchi dell’organizzazione.
In un’aula di tribunale all’interno del carcere, piena di giudici, telecamere, poliziotti, agenti segreti, pochi parenti e ancore meno amici e compagni, giudicavano le azioni della Cospirazione delle Cellule di Fuoco.
Ma come potevano stare in pochi metri quadrati le nostre azioni che avevano cercato di sfidare la storia saggia e obbediente del nostro tempo…
Un’azione che aveva interrotto il sonno eterno delle tranquille “pacifiche” persone per molte notti, agitato attraverso le esplosioni dei silenzi schiavi delle metropoli e con i nostri proclami ha negato i ruoli di una vita dove la violenza dei padroni è sempre presente e noi siamo costantemente assenti…
Attraverso I nostri attacchi volevamo distruggere la tirannia di una realtà brutale. Volevamo capovolgere l’equilibrio del terrore di una meccanica vita di routine. Abbiamo cercato di distruggere il compromesso con la morte causata dalla schiavitù del salario, il controllo tecnologico, le relazioni vuote e noiose.
Volevamo fare la guerra contro la ”pace” delle banche, dei giudici, dei ricchi, degli sbirri, dei fascisti, dei giornalisti, dei politici, ma anche con i “pacifici” cittadini che invece di urlare, e di essere arrabbiati, sono nascosti nella rassegnazione e invecchiano con i loro mobili…Questi cittadini “pacifici” e rispettosi della legge sono i più responsabili di tutti, perché attraverso la loro “tranquillità” permettono che la bruttura governi le nostre vite.
Di chi la giustizia giudicherà giustamente allora? Dopo essere passato attraverso tutte le tappe cerimoniali della giustizia, procuratore- avvocato-custodia, nuove persecuzioni, nuovi rinvii a giudizio, custodia dei parenti, testimoni, ora mi chiedono di scusarmi…
Non gli darò questa soddisfazione. Non una singola parola al nemico. Mi rifiuto di impersonare il ruolo dell’accusato. Posso essere stato ammanettato, i miei anni richiusi e il filo spinato fino al cielo, controllato dalle telecamere, ma il mio desiderio di portare avanti la lotta armata brucia dentro me come il ferro incandescente…
L’unico modo per biasimare me stesso sarebbe quello di rimanere inattivo, ubbidiente, disciplinato come uno schiavo domestico che gode di una libertà menomata. Rifiuto, dunque, di scusarmi con la teologia della vostra giustizia che non tollera la blasfemia di una vita libera. Né ho intenzione di partecipare a un dialogo velato tra sordi pretesti rispondendo a alcuna domanda dei giudici…
Ciò che scrivo qui non è per uso giudiziario.
È per I compagni, per gli anarchici, per gli amici, per gli irresponsabili, i piantagrane, per la memoria della lotta.
Sono accusato, insieme agli altri membri della Cospirazione delle Cellule di Fuco e altri anarchici, nel caso dei “250 attacchi incendiari ed esplosivi” contro il parlamento, uffici di partiti [politici], case di ministri e pubblici ministeri, banche, organizzazioni giornalistiche, strutture carcerarie, multinazionali, edifici militari, chiese, stazioni di polizia, tribunali, servizi di sicurezza, sistemi di telecamere e sicurezza, gli uffici della Golden Dawn [partito neonazista], concessionarie di auto di lusso, agenzie governative, veicoli diplomatici ecc..
Fin dal primo momento del mio arresto mi sono rivendicato e sono onorato di far parte della Cospirazione delle Cellule di Fuoco.
Rivendicarsi significa non deporre le armi.
Rivendicarsi significa” Io non mi pento di nulla”
Rivendicarsi significa che la paura non ha vinto
Rivendicarsi significa che la battaglia continua
La rivendicazione è una promessa che la guerriglia imprigionata tornerà sulla “scena del crimine”, che lui o lei marceranno ancora sui sentieri della libertà illegale.
Allo stesso tempo è un segnale di complicità ai nuovi compagni per portare avanti quello che la repressione ha fermato. Perché ci saranno sempre mani che rialzeranno la pistola caduta al prigioniero, ci saranno sempre menti libere e cuori generosi per continuare a scrivere la storia del mondo dall’interno verso l’esterno.
Questo rifiuto di arrendersi e le sue prospettive, spaventare i tiranni e i proprietari della paura.
Dopo così tanti arresti, interrogatori, anni di prigione, nuove accuse, condanne pesanti, non sono riusciti a suscitare in me un solo briciolo di rimorso. È questo è il motivo per cui alimentano nuove bugie e ricatti subdoli.
In seguito alla divulgazione del piano di fuga della Cospirazione delle Cellule di Fuoco hanno tirato fuori una nuova versione della caccia alle streghe, arrestato madri, mogli e fratelli, hanno istituito nuovi luoghi di esilio designato ad una quarantena di un kilometro quadrato di “libertà”, hanno impedito ogni tipo di comunicazione a mio fratello e alla sua compagna e volevano alzare le mura dell’isolamento toltale.
Allo stesso tempo hanno reso più fitta la nebbia della repressione, mandando un chiaro messaggio ai nostri compagni affini:” chiunque comunichi con i prigionieri della Cospirazione delle Cellule di Fuoco, si potrebbe ritrovare nella cella vicina “.
Sbirri e giudici erano ansiosi di guadagnare un trofeo con la sporca guerra che avevano scatenato, una strategia volta a piegare, un’esitazione, una minima traccia di cessate il fuoco…invano
Per quanto mi abbiano fatto sanguinare dentro, alla fine la mia volontà si è armata ancora di più.
Non voglio parlare delle irregolarità giuridiche, dei contratti politici di convenienza, dei metodi di polizia e della mancanza di prove.
Ve lo concedo giudici, la civiltà giuridica ed il prezzo di migliaia di voci che risuonano in prigione per le migliaia di anni di cui sono stati privati nelle tombe di cemento dove voi li avete condannati a vivere come morti-viventi…
Inoltre come stipate files nelle vostre cassettiere, cosi stipate vite umane nelle celle delle prigioni con la compostezza di un ragioniere che deposita i suoi conti. I vostri abiti e le vostre giacche grondano sangue e l’ipocrisia della vostra giustizia non lo può lavare via.
Mi incolpate per i 250 attacchi contro l’Impero che servite, ma per me le vostre accuse sono medaglie d’onore.
Naturalmente , non ho nessuna intenzione di dirvi dove ero e quale fosse la mia parte, come non intendo dare nessuna prova dell’azione della guerriglia della Cospirazione delle Cellule di Fuoco al nemico.
Se volete, tuttavia potete considerare che ero in tutti gli attacchi della Cospirazione, come farei in qualsiasi attacco che sfida la tirannia di questo mondo: gli scontri e le barricate in Chile, nelle manifestazioni e gli scontri di strada in Messico, tra gli incendi di Bruxelles, in mezzo agli antifascisti in Germania, accanto ai compagni della Federazione Anarchica Informale in Italia, fra i riots in Inghilterra, durante la liberazione dei territori in Rojava, ai moti in Cisgiordania, nelle notti buie che avvolgono i cospiratori anarchici dell’azione…in ogni luogo dove ci sono esseri umani che non si inginocchiano, che non sopportano le disuguaglianze, dove i vivi osano…
Il fatto che la storia la scrivano i vincitori in ville lussuose, uffici di corporazioni, parlamenti, i mezzi d’informazione, le corti, commissariati di polizia, ciò non significa che la nostra storia non esista. La storia della lotta, delle ribellioni, delle rivoluzioni, delle rivolte, della sfida, della solidarietà, degli attacchi della guerriglia, questa è “ dei pochi pazzi felici” che disprezzavano il loro tempo e hanno marciato contro di essa per il suo rovesciamento.
L’azione della Cospirazione delle Cellule di Fuoco essendo sotto processo oggi, è un’istantanea di questa storia. Piccola come una goccia di storia, ma con le sue angolazioni intense e taglienti…Angoli che continueranno a lasciare profondi graffi in questo mondo di autorità, perché la Cospirazione sarà nuovamente riorganizzata, recuperando le sue esperienze, vittorie e sconfitte, in una lotta senza fine.
E se in questo momento, sono in carcere, ciò non significa che la lotta non vale la pena o che sta portando da nessuna parte …
E se oggi il regno del disfattismo e della rassegnazione sta governando il cuore della gente. E se molti vengono puntando il loro dito con aria di rimprovero dicendo:” e dunque cosa si è ottenuto con le armi e con le bombe? “, non è necessario rispondere.
L’esistenza di un mondo che bombarda con la morte dal cielo, costruisce muri con filo spinato per ostacolare dei perseguitati, obbliga bambini a cercare cibo nella spazzatura, porta alla morte ogni giorno milioni di persone a causa dello strangolamento della crisi finanziaria, scambia la vita con delle immagini su schermi freddi, stupra e saccheggia la natura. È il miglior argomento per cui la guerriglia anarchica è l’unica espressione di vita che sceglierei mille volte ancora e ancora.
Concludendo, mi domando cosa faccia più infuriare : le vostre miserabili leggi o la miseria delle persone che le accettano e obbediscono.
L’unica cosa sicura è che questo mondo e I suoi falsi idoli sono stati costruiti con la violenza e solo con la violenza possono essere abbattuti.
Per questo motive contro la tirannia della realtà che avete imposto alla gente i scelgo per sempre il magico realismo dell’anarchia e sella rivoluzione senza fine.
Ora, giudici mi potete condannare.
Non mi pento di nulla.
Christos Tsakalos
COSPIRAZIONE DELLE CELLULE DI FUOCO – FAI-IRF
Basement Annex
Prigione di Korydallos
04/11/2015…
13 gennaio 2016
PINEROLO: INCONTRO ANTIMILITARISTA NELLA CITTA' DEGLI ALPINI
riceviamo e diffondiamo:
Incontro antimilitarista a Pinerolo, città degli alpini
Viviamo in un Occidente capace, per i propri interessi politici ed economici, di sganciare tonnellate di bombe e di uccidere milioni di persone, un Occidente che tiene gli occhi ben chiusi di fronte alle proprie responsabilità, al proprio silenzio.
È la guerra, guerre pensate a tavolino per accaparrarsi ogni risorsa, per eliminare chi non è più così collaborativo, guerre per ‘esportare democrazia’, per sopprimere i ‘nemici’, guerre per riconquistare consensi. Quel consenso politico e quella docilità sociale ottenuti plasmando individui svuotati di una capacità critica che vada al di là della scelta di un nuovo modello di smartphone; accecati da una propaganda così articolata da far ripetere a pappagallo Je suis Paris, incapaci di gettare uno sguardo oltre al nostro mondo privilegiato, volto al consumo, alla paura del diverso, al “terrore che ci rubino l’argenteria”, imboccati da un potere che, nel suo insieme, è bastone e carota, è autorità che concede. Sempre meno, ma si sa “son tempi duri...”. Troppo impegnati nella guerra tra poveri, di tutti contro tutti, sfuggenti all’individuazione di chi sono i nemici, quelli che ci avvelenano l’esistenza e che ci vogliono inerti di fronte alle loro scorrerie, fatte di leggi, di privazioni, di furberie. E di massacri.
Anche se gli echi della guerra appaiono pur sempre molto lontani, in realtà è proprio accanto a noi che si prepara e si rende possibile: fabbriche di armamenti, aziende e università che sviluppano nuove tecnologie per l’industria bellica, basi NATO, caserme, esercitazioni militari...
La città di Pinerolo è una città militare, ospita infatti il 3° reggimento alpini, uno dei reparti della Brigata Alpina Taurinense. Un corpo, quello degli alpini, che riveste un ruolo importante nella struttura bellica della penisola italiana; divenuto famoso nel ‘primo macello mondiale’, passò poi durante il ventennio fascista allo sterminio imperialista nella terribile campagna d’ Africa, e durante la seconda guerra mondiale fu utilizzato nella campagna di Grecia.
Dal dopoguerra sarà uno stillicidio di interventi nei conflitti che l’Occidente muoverà in varie parti del mondo, con particolare attenzione alle zone dove le risorse sono più consistenti, in primis il Medio Oriente con il suo carico di petrolio e di gas. Senza dimenticare i vicini Balcani, luoghi di massacri indicibili dove gli armamenti utilizzati, ancora oggi mietono vittime.
Proprio la Brigata Alpina Taurinense è intervenuta militarmente in Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Afghanistan, Iraq e Mozambico, parte attiva in quelle missioni ‘di pace’ che sappiamo essere guerre di conquista con tutto ciò che la guerra comporta: bombardamenti, rappresaglie sui civili, uso di armi chimiche, distruzione, torture, stupri.
Da qualche anno gli alpini sono utilizzati anche nelle strade di molte città per compiti di controllo del territorio assieme a Polizia e Carabinieri e per reprimere lotte in difesa del territorio, come in Campania quando la popolazione si oppose alla costruzione di discariche o tutt’oggi in Valsusa nell’opposizione al treno ad alta velocità.
Un quadro, quindi, che non deve lasciare indifferenti.
Si aggiungono a tutto questo le esercitazioni che i militari fanno nei territori nei quali viviamo, nella zona del pinerolese e in Val Chisone dove gli alpini si preparano per l’intervento in scenari di guerra in montagna.
Da sottolineare poi che proprio in Val Chisone da lunedì 25 a venerdì 29 gennaio si terranno i Ca.STA (Campionati Sciistici delle Truppe Alpine), una vera e propria esercitazione internazionale, in parte camuffata da evento sportivo, in parte candidamente presentata così: “In effetti, il termine ‘Campionato’ tradisce il significato dei Ca.STA in quanto i valori sportivi interessano solo marginalmente. Scopo primario è invece la verifica del livello addestrativo raggiunto dai reparti nel corso dell’attività invernale, con particolare riguardo alla capacità di sopravvivenza, alla mobilità ed efficienza operativa in ambiente innevato. [...] l’agonismo è la molla fondamentale per formare il combattente individuale e renderlo idoneo ad operare nelle più avverse condizioni ambientali” (dal sito internet dei Ca.STA).
Parole che non hanno bisogno di ulteriori commenti, non un evento sportivo ma una vera e propria preparazione alla guerra.
Per fare il punto sugli attuali contesti di guerra interna ed esterna e su alcune esperienze di lotta, invitiamo a partecipare ad un incontro pubblico che si terrà a Pinerolo (TO) domenica 24 gennaio 2016, alle ore 15.30 (Sala dei Cavalieri, Viale Giolitti 7/9).
Interventi:
* La disintegrazione dell’Iraq e della Siria, il dilagare di scontri settari, guerre civili, pulizie etniche, la minaccia dello Stato islamico… Lo stato di guerra permanente in cui, ogni giorno di più, stiamo precipitando è la diretta conseguenza delle politiche coloniali che le potenze occidentali hanno condotto e conducono in giro per il mondo, nel Medio Oriente in particolare, a cura di Daniele Pepino;
* Intervento di alcuni compagni francesi circa lo Stato d’emergenza decretato in Francia all’indomani dei fatti di Parigi (intervento da confermare);
* Presentazione di un opuscolo sulla presenza militare nelle valli del pinerolese, a cura di Alpi Libere;
* Panoramica delle servitù militari in Sardegna e aggiornamenti sulla lotta antimilitarista sarda, a cura della Rete No basi, né qui né altrove;
* Resoconto delle lotte in Trentino contro il progetto di costruzione di una base militare e contro la presenza all’Università di Trento di laboratori di ricerca finanziati dallo stato di israele, a cura dei redattori del blog rompere le righe.
Alpi Libere
Incontro antimilitarista a Pinerolo, città degli alpini
Viviamo in un Occidente capace, per i propri interessi politici ed economici, di sganciare tonnellate di bombe e di uccidere milioni di persone, un Occidente che tiene gli occhi ben chiusi di fronte alle proprie responsabilità, al proprio silenzio.
È la guerra, guerre pensate a tavolino per accaparrarsi ogni risorsa, per eliminare chi non è più così collaborativo, guerre per ‘esportare democrazia’, per sopprimere i ‘nemici’, guerre per riconquistare consensi. Quel consenso politico e quella docilità sociale ottenuti plasmando individui svuotati di una capacità critica che vada al di là della scelta di un nuovo modello di smartphone; accecati da una propaganda così articolata da far ripetere a pappagallo Je suis Paris, incapaci di gettare uno sguardo oltre al nostro mondo privilegiato, volto al consumo, alla paura del diverso, al “terrore che ci rubino l’argenteria”, imboccati da un potere che, nel suo insieme, è bastone e carota, è autorità che concede. Sempre meno, ma si sa “son tempi duri...”. Troppo impegnati nella guerra tra poveri, di tutti contro tutti, sfuggenti all’individuazione di chi sono i nemici, quelli che ci avvelenano l’esistenza e che ci vogliono inerti di fronte alle loro scorrerie, fatte di leggi, di privazioni, di furberie. E di massacri.
Anche se gli echi della guerra appaiono pur sempre molto lontani, in realtà è proprio accanto a noi che si prepara e si rende possibile: fabbriche di armamenti, aziende e università che sviluppano nuove tecnologie per l’industria bellica, basi NATO, caserme, esercitazioni militari...
La città di Pinerolo è una città militare, ospita infatti il 3° reggimento alpini, uno dei reparti della Brigata Alpina Taurinense. Un corpo, quello degli alpini, che riveste un ruolo importante nella struttura bellica della penisola italiana; divenuto famoso nel ‘primo macello mondiale’, passò poi durante il ventennio fascista allo sterminio imperialista nella terribile campagna d’ Africa, e durante la seconda guerra mondiale fu utilizzato nella campagna di Grecia.
Dal dopoguerra sarà uno stillicidio di interventi nei conflitti che l’Occidente muoverà in varie parti del mondo, con particolare attenzione alle zone dove le risorse sono più consistenti, in primis il Medio Oriente con il suo carico di petrolio e di gas. Senza dimenticare i vicini Balcani, luoghi di massacri indicibili dove gli armamenti utilizzati, ancora oggi mietono vittime.
Proprio la Brigata Alpina Taurinense è intervenuta militarmente in Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Afghanistan, Iraq e Mozambico, parte attiva in quelle missioni ‘di pace’ che sappiamo essere guerre di conquista con tutto ciò che la guerra comporta: bombardamenti, rappresaglie sui civili, uso di armi chimiche, distruzione, torture, stupri.
Da qualche anno gli alpini sono utilizzati anche nelle strade di molte città per compiti di controllo del territorio assieme a Polizia e Carabinieri e per reprimere lotte in difesa del territorio, come in Campania quando la popolazione si oppose alla costruzione di discariche o tutt’oggi in Valsusa nell’opposizione al treno ad alta velocità.
Un quadro, quindi, che non deve lasciare indifferenti.
Si aggiungono a tutto questo le esercitazioni che i militari fanno nei territori nei quali viviamo, nella zona del pinerolese e in Val Chisone dove gli alpini si preparano per l’intervento in scenari di guerra in montagna.
Da sottolineare poi che proprio in Val Chisone da lunedì 25 a venerdì 29 gennaio si terranno i Ca.STA (Campionati Sciistici delle Truppe Alpine), una vera e propria esercitazione internazionale, in parte camuffata da evento sportivo, in parte candidamente presentata così: “In effetti, il termine ‘Campionato’ tradisce il significato dei Ca.STA in quanto i valori sportivi interessano solo marginalmente. Scopo primario è invece la verifica del livello addestrativo raggiunto dai reparti nel corso dell’attività invernale, con particolare riguardo alla capacità di sopravvivenza, alla mobilità ed efficienza operativa in ambiente innevato. [...] l’agonismo è la molla fondamentale per formare il combattente individuale e renderlo idoneo ad operare nelle più avverse condizioni ambientali” (dal sito internet dei Ca.STA).
Parole che non hanno bisogno di ulteriori commenti, non un evento sportivo ma una vera e propria preparazione alla guerra.
Per fare il punto sugli attuali contesti di guerra interna ed esterna e su alcune esperienze di lotta, invitiamo a partecipare ad un incontro pubblico che si terrà a Pinerolo (TO) domenica 24 gennaio 2016, alle ore 15.30 (Sala dei Cavalieri, Viale Giolitti 7/9).
Interventi:
* La disintegrazione dell’Iraq e della Siria, il dilagare di scontri settari, guerre civili, pulizie etniche, la minaccia dello Stato islamico… Lo stato di guerra permanente in cui, ogni giorno di più, stiamo precipitando è la diretta conseguenza delle politiche coloniali che le potenze occidentali hanno condotto e conducono in giro per il mondo, nel Medio Oriente in particolare, a cura di Daniele Pepino;
* Intervento di alcuni compagni francesi circa lo Stato d’emergenza decretato in Francia all’indomani dei fatti di Parigi (intervento da confermare);
* Presentazione di un opuscolo sulla presenza militare nelle valli del pinerolese, a cura di Alpi Libere;
* Panoramica delle servitù militari in Sardegna e aggiornamenti sulla lotta antimilitarista sarda, a cura della Rete No basi, né qui né altrove;
* Resoconto delle lotte in Trentino contro il progetto di costruzione di una base militare e contro la presenza all’Università di Trento di laboratori di ricerca finanziati dallo stato di israele, a cura dei redattori del blog rompere le righe.
Alpi Libere
Iscriviti a:
Post (Atom)